Il narcisismo patologico è una distorsione mentale, per la quale chi ne soffre è tagliato completamente fuori dai sentimenti propri e altrui, non sente nulla, se non una rabbia feroce e un desiderio di vendetta che non vede l’ora di scaricare sul prossimo con conseguenze funeste, talvolta con esiti fatali.

Questa drammatica patologia si sviluppa nei primi anni di vita, quando il bambino che vive all’interno di una famiglia disfunzionale prova la terribile sensazione di sentirsi abbandonato, o rifiutato, o umiliato dalle persone che dovrebbero prendersi cura di lui con amorevolezza. Una famiglia disfunzionale è composta da persone, che per i loro traumi pregressi, sono incapaci di dare al bambino amore incondizionato, sicurezza e protezione, non perchè non abbiano voglia di farlo, ma perchè ne sono incapaci. Il bambino diventa così il contenitore proiettivo di tutte le loro frustrazioni e delle loro reazioni alle ferite non curate della loro infanzia. Il detto: “le colpe dei padri ricadono sui figli” rende bene l’idea. Benchè i genitori siano del tutto inconsapevoli (e quindi per certi versi anche incolpevoli), il bambino prova un dolore terribile, che gli procura anche la sensazione di essere in pericolo di vita imminente. Come strategia di sopravvivenza, allora, il bimbo matura la convinzione che dovrà cavarsela da solo perchè non avrà mai l’amore dei suoi cari, sviluppando nei loro confronti un odio immenso, che gli permette di non soccombere, ma che gli toglie ogni possibilità di sviluppare empatia per i suoi simili. Col passare degli anni, gli sarà sempre più chiaro che gli altri sono esseri da sfruttare con ogni sorta di vessazione e manipolazione, al fine di sfogare l’irresistibile desiderio di distruzione che è insito in lui.

Possiamo definire “vittime” coloro che subiscono i comportamenti violenti dei narcisisti senza sapersi difendere.
Vittime non si nasce, ma si diventa, proprio come i narcisisti patologici. Lo stesso senso di abbandono, di rifiuto, di trascuratezza subito da genitori disfunzionali, che nei narcisisti patologici si trasforma in odio e desiderio di vendetta, in altri bambini si tramuta in senso di inadeguatezza e di colpa. Chi si sente imperfetto e sbagliato si abitua allora, per sopravvivere al dolore che potrebbe ucciderlo, a compiacere in ogni modo il prossimo, per ricavare briciole di considerazione e di amore, che diventano prioritarie e desiderabili rispetto a tutto il resto. Dato che la mentalità da vittima si sviluppa per il proprio vissuto infantile, è importante sapere che si è vittime ancora prima che arrivi un carnefice a nuocere. Si è vittime perchè non si conosce il proprio potere, non si ha percezione dei propri bisogni e dei propri, invalicabili, confini. La vittima non sa che la propria inviolabilità è più importante del sentirsi considerati e amati. Proprio per questo sistema di credenze, la vittima attira il narcisista, che le/gli conferma che non ha valore e che non merita alcun bene.

Il narcisismo patologico c’è sempre stato e la Storia umana, con la sua sequela di violenze, persecuzioni, genocidi, guerre e lotte fratricide, purtroppo lo dimostra. Oggi però, proprio per l’accelerazione dei processi produttivi e la quasi rarefazione dei legami stabili, il fenomeno detto “narcisismo patologico” pare in espansione.

In questo particolare momento storico, la maggior parte delle relazioni tra le persone sono incentrate più che mai sulla dinamica vittima-carnefice narcisista. Per questo motivo è urgente parlarne e trovare soluzioni a livello legale, sociologico, politico, umano e personale.

D. Che cosa puoi consigliare alle vittime?
R. Consiglio di individuare e superare tre convinzioni limitanti:
1) credere di essere deboli senza poterci fare nulla;
2) credere che non sia necessario esprimere i propri bisogni;
3) credere di non essere degni di amore incondizionato.

D. Da dove nascono le credenze limitanti?
R. Vengono da lontano, dalla prima infanzia. Uno dei nostri genitori, o tutti e due, non ci hanno dimostrato amore incondizionato, oppure noi lo abbiamo percepito così, perchè non è tanto il fatto in sé, quanto il percepito a creare i nostri traumi e a generare le credenze limitanti. Forse i nostri genitori erano anaffettivi, oppure dicevano di amarci a parole ma con i fatti magari ci ignoravano, o ci ridicolizzavano, o ci lasciavano soli, o infine passavano il tempo a litigare e ci esortavano a prendere posizione contro l’uno o l’altra. Questo ha fatto nascere delle credenze del tipo “non sono abbastanza”, “sono sbagliato”, “non merito amore”, perchè da piccoli è impensabile giudicare sbagliato il comportamento delle persone che sono responsabili della nostra sopravvivenza. Significherebbe morire. Queste credenze sono poi state confermate magari dagli insegnanti, o dai compagni, o dai primi partner, e nella vita si sono rafforzate fino a farci perdere l’idea della nostra forza e della nostra bellezza. Altre volte, ma più raramente, i genitori non hanno fatto nulla di male, ma l’ambiente familiare si basava su rapporti tossici, cioè di abuso, con qualcuno che sopportava e qualcun altro che approfittava. Quindi il bambino ha assorbito quegli atteggiamenti e da adulto li ha emulati come gli unici possibili.
D. Che cosa significa credersi deboli?
R. Il sentirsi deboli vuol dire che non ci si sente responsabili della propria felicità e infelicità, che non si può sapere in quale momento e in che modo il carnefice colpirà e che non si può far niente, perchè si è vittime predestinate e mai nulla potrà cambiare per noi.
D. Che cosa significa credere di non dover esprimere i propri bisogni?
R. La credenza che non sia necessario esprimere i propri bisogni, e quindi essere assertivi, significa essere incapaci di esprimere con semplicità e forza la propria verità. Questa credenza nasce da esperienze infantili, nelle quali i genitori non hanno dato ascolto ai bisogni del bambino, o li hanno minimizzati, oppure sminuiti. Da quel momento è come se l’individuo si fosse cristallizzato in quell’atteggiamento infantile di carenza e di bisogno, in base al quale non ha la forza, non si assume la responsabilità, di sentire che cosa gli serve e di esprimerlo con chiarezza. La parte infantile che dentro non è cresciuta pensa di vivere in un mondo magico, nel quale le persone devono indovinare ciò di cui ha bisogno e donarlo intuitivamente.
D. Che cosa significa credere di non essere degni di amore incondizionato?
R. Significa che non crediamo di meritare tutto l’amore che siamo in grado di dare agli altri, e quindi anteponiamo i bisogni altrui ai nostri, fino a perdere del tutto il contatto con quello che veramente ci piace e ci rende felici. Significa assumersi tutto il peso del mondo senza mai chiedere nulla per sé, significa essere incapaci di porre dei confini, di soddisfare i bisogni, anche quelli elementari di riposarsi, o mangiare, o bere in modo regolare e sano.
D. Che cosa puoi consigliare a chi si trova in relazioni tossiche con narcisisti patologici?
R. Consiglio di partire da due semplici domande: che vita voglio vivere? Che vita sento di meritare?
Se la risposta è: «Merito e voglio una vita piena e felice, circondata da persone sensibili e amorevoli che hanno a cuore la mia serenità»; oppure «Merito di lavorare in un ambiente stimolante e pacifico»; o anche «Merito di avere compagni di scuola amichevoli e collaborativi», ecc., allora diventa facile mettere in atto le strategie necessarie per eliminare tutti quei rapporti che ci fanno stare male e privilegiare solo relazioni sane e appaganti.
Se invece la risposta è: «Non so che vita voglio»; o «Ho fatto molti errori»; oppure «Tanto per me è lo stesso»; «Sono sempre sfortunato»; «Non credo di meritare di meglio»; o anche «Forse me la sono voluta, comunque ho sbagliato anch’io»; o perfino «Sono una brutta persona»; «Nella vita non combinerò mai niente di buono»; o infine «Conosco persone che sopportano benissimo le stesse cose che succedono a me»; e cose del genere, allora nella vita si incontreranno solo carnefici che imporranno un clima di dolore, ansia e infelicità.
Ma non è giusto.
Nessuno di noi è perfetto, e molti noi, me per prima, abbiamo fatto degli errori che avremmo potuto evitare. Ma non per questo non meritiamo di essere felici e sentirci bene nei giorni che ci restano da vivere. Oggi so per certo che tutti abbiamo il dovere di essere felici e di far venire alla luce tutta la Bellezza e l’Amore che sono nascosti nel nostro cuore. Ne parlo in un libro che si intitola “Il dovere della felicità”.
Il mondo non ha bisogno del nostro martirio, né della nostra espiazione.
Il mondo ha bisogno della nostra luce.

“La luce è troppo dolorosa
Per chi vuole rimanere
Nel buio”
Eckhart Tolle