Parecchi anni fa, il narcisista patologico che mi maltrattava e abusava si affogò con un sorso di caffè.
Bevve rapidamente, probabilmente pensando ad altro, come succede spesso, e l’epiglottide non si abbassò in tempo. Il liquido bollente gli andò nelle vie respiratorie invece che nell’esofago e lui emise un rantolo pazzesco, simile a quello di un animale feroce.
Io mi stavo cambiando in camera da letto. Stavamo per andare a pranzo dai suoi. Nell’udire quel suono terribile, pensai che fosse impazzito del tutto e che presto sarebbe venuto a uccidermi. La tensione in casa era a tal punto che potevo immaginare una cosa del genere!
In effetti, lui venne in camera con le ultime forze e si accasciò davanti a me senza riuscire a parlare. Si teneva le mani alla gola e mostrava evidenti segni di soffocamento.
Venne da me perchè sapeva che potevo salvarlo. Suo padre mi aveva insegnato la manovra di Heimlich, per aiutare i miei bambini nel caso avessero ingerito qualche oggetto e rischiassero di soffocare. In effetti, era stata molto utile in un paio di occasioni e a entrambe lui era stato presente. aveva visto com’è possibile soffocare nel giro di pochi istanti e come invece ci si possa salvare con alcuni gesti mirati.
Nell’assoluto silenzio che ci avvolgeva, io tentai più volte la manovra, ma ogni volta che lo lasciavo andare, lui crollava giù boccheggiando. Ritentai e ritentai senza fermarmi, senza risparmiarmi, sfruttando ogni secondo prezioso per rianimarlo. A un certo punto, gli uscì un forte rutto e il suo apparato respiratorio si liberò del liquido. Era salvo.
Solo allora, quando sentii che respirava di nuovo, mi fermai.
Nessuno dei due parlò, nè mi ringraziò mai.
Credo anzi che abbia rimosso l’episodio e soprattutto il fatto che mi sia debitore della vita.
A quei tempi lo amavo (o credevo di amarlo), ero in piena dipendenza affettiva, e forse non avrei potuto fare diversamente, anche se ero molto arrabbiata con lui per il modo in cui faceva a pezzi la nostra relazione, senza alcun riguardo.
A volte, per scherzare, dicevo ai miei figli: Sarebbe bastato che lo avessi ignorato e fossi uscita in giardino per qualche minuto e lui sarebbe morto. Praticamente il delitto perfetto: chi avrebbe potuto accusarmi della sua fine?
Oggi sono uscita dalla dipendenza affettiva e dalla relazione narcisistica, mi sento finalmente al timone della mia vita. Ripensando a quell’episodio, mi sento molto felice di averlo fatto, di averlo salvato.
Se avessi ceduto al senso di vendetta, alla rivalsa, alla rabbia che mi suscitavano i suoi comportamenti, oggi non avrei mai potuto sentirmi libera e felice, come mi sento.
L’ho salvato per istinto, non per scelta, ma salvandolo ho salvato anche me stessa.
A lui, tramite me, è stata data la chance di continuare a vivere. A me è stata concessa la possibilità di rimanere “umana”, cioè empatica e compassionevole, nonostante l’esperienza di abuso che stavo vivendo.
Il ricordo mi ha regalato un sorriso e la gioia di essere ancora al mondo a fare la mia parte.