Esistono relazioni che ti fanno sentire al settimo cielo, nelle quali senti il desiderio di dare la parte migliore di te, da cui ti senti protetto e appagato: le relazioni d’amore. Esistono anche altre relazioni, che invece ti depauperano di forza, dignità, fiducia in te stesso e nella vita, che ti tolgono l’autostima, che ti fanno soffrire fino ad ammalarti: anche queste vengono spesso chiamate relazioni d’amore, ma non lo sono, perchè chi ti ama non ti fa soffrire MAI e per nessun motivo. Per il fatto che distruggono psicologicamente una delle due parti, questi legami vengono più propriamente definite “relazioni tossiche”. La relazione tossica è quella che non coltiva il rispetto e l’onestà, ma la disonestà e la mancanza di rispetto, quella in cui una delle parti dà tutta se stessa e riceve in cambio tradimenti, menzogne, umiliazioni. A molti di noi è capitato di avere avuto relazioni di questo tipo, magari con un genitore, o con un amico, o con un collega, o con la persona di cui eravamo innamorati. Se possiamo riconoscere queste caratteristiche in qualcuna delle nostre relazioni, allora è probabile che ci siamo imbattuti in un narcisista patologico. Il narcisista patologico è una persona che non prova sentimenti, anche se finge di provarli; che vive tutta la sua vita in una continua recita per trarre i vantaggi migliori e sfruttare al massimo le persone che gli capitano, manipolandole e approfittando della loro buona fede e del loro affetto per lui o per lei. Questo tipo di persone infatti si trovano in entrambi i sessi ed entrambi i sessi vanno adeguatamente informati e tutelati dagli effetti funesti delle relazioni tossiche, che spesso hanno condotto le vittime ignare a cadere in depressione, abbassare le difese immunitarie, e persino ad ammalarsi, talvolta di cancro, talvolta con esiti mortali.
Questo libro affronta il problema del narcisismo patologico da un punto di vista particolarmente efficace: i resoconti delle vittime.
Partendo da un’esperienza personale e nel tentativo di trasformare il mio dolore in uno strumento di pubblica utilità, ho infatti contattato persone che avevano subito abusi narcisistici su alcuni siti di autoaiuto che si possono trovare su Facebook. Ho scelto persone che avevano superato la fase del rancore e del desiderio di vendetta e che si proponevano di ricostruire la propria vita.

Ho chiesto loro tramite Messenger se volessero raccontare le loro storie in un libro che avevo intenzione di scrivere. Coloro che hanno accettato sono state da me intervistate in colloqui telefonici, in videochiamate, talvolta anche dal vivo. Sono anche andata appositamente a conoscere qualcuno di loro, ho trascorso del tempo, ho ascoltato e trascritto fedelmente le storie più significative, da persone provenienti dalle più diverse estrazioni sociali e culturali, ponendo un tetto massimo (20) che evitasse di rendere il volume sovrabbondante e prolisso.

Le testimonianze raccolte, dislocate nei diversi capitoli e frammentate in modo significativo, consentono di comprendere in modo completo il fenomeno del narcisismo patologico. In particolare, tramite gli esempi di vita vissuta collazionati, sono riuscita a identificare le fasi fisse con cui il “killer seriale dell’anima”, come il narcisista patologico è stato appunto definito, prima circuisce la vittima e poi inizia la campagna di denigrazione e sottomissione che distrugge psicologicamente chi la subisce, talvolta con conseguenze drammatiche.

Il libro esamina tutti gli aspetti del narcisismo patologico, un problema poco conosciuto ma molto più diffuso di quanto si pensi, indagando non solo l’ambito relazionale della coppia, a cui è dedicato lo spazio maggiore, ma tutti i tipi di relazione tra le persone: da quello lavorativo a quello scolastico, da quello familiare a quello amicale. Viene fuori un identikit particolareggiato che ha lo scopo di chiarire i termini della relazione con un narcisista patologico e aiutare le vittime a uscirne definitivamente.

Nel libro cerco di chiarire due dati importantissimi ed essenziali per affrontare in modo corretto il problema:
il primo è il fatto che i tratti narcisistici sono connaturati a ogni essere umano, che li sviluppa intorno ai tre anni, quando cioè il bambino inizia a definire la sua personalità. Ecco allora che la voglia di farsi ascoltare, di primeggiare, di avere ragione, di ottenere quello che si vuole anche facendo capricci, iniziano a mostrarsi e sono estremamente utili per costruire il carattere. Un individuo adulto sano si servirà dei tratti narcisistici nella vita quando sarà necessario tirarli fuori, e cioè quando dovrà fare una performance pubblica, quando dovrà difendere le sue ragioni nelle relazioni, quando dovrà ottenere un lavoro, ecc. Insieme ai tratti narcisistici, il bambino in tenera età sviluppa anche dei tratti depressivi, soprattutto di fronte a un rifiuto o a una frustrazione. In età adulta si servirà della parte depressiva per ripiegarsi su se stesso quando è necessario, per es. dopo un lutto o dopo una perdita, quando è importante prendersi del tempo anche per contattare il proprio dolore. Una persona sana, insomma, utilizza tutte le sue parti interiori nel modo più funzionale al benessere proprio e di chi gli sta accanto.

Accade talvolta però che alcuni bambini subiscano degli abusi, da parte di genitori o educatori, più o meno gravi, ripetuti a lungo nel tempo. Ecco allora che la personalità subisce un disturbo, una disfunzione, che talvolta può sfociare nel narcisismo patologico oppure, all’opposto, nell’attitudine a comportarsi da vittima.

L’abuso subito è pressappoco identico, ma le conseguenze possono essere diverse: un bambino può ritenere che i torti che subisce siano colpa degli altri e quindi sviluppa un odio feroce nei confronti del prossimo e soprattutto dell’altro sesso, se il genitore di riferimento gli ha fatto molto male. Come strategia di sopravvivenza, sviluppa allora una sorta di cuscinetto emotivo tra sé e gli altri, che gli serve per non avvertire il suo dolore e per tagliarsi fuori da ogni sorta di emozione. Il bambino impara a non sentire più nulla. Ne deriva che da adulto sarà animato da un desiderio ossessivo di vendetta e rivalsa nei confronti di tutti, che può attuare fino alle estreme conseguenze, perché non è in più grado di connettersi empaticamente con il proprio sentire e con quello che provano gli altri. Gli altri anzi sono solo oggetti da adoperare per i propri bisogni e su cui riversare tutto il proprio odio. Questo processo produce come effetto il narcisismo patologico.

Un altro bambino, invece, di fronte agli abusi subiti, inizia a sviluppare la convinzione che, se gli vengono fatti dei torti, è per colpa sua, perchè ha qualcosa di sbagliato, qualcosa che non va, forse anche perchè chi gli vive accanto lo incolpa regolarmente di esserseli meritati. Allora, come strategia di sopravvivenza, inizia a essere conciliante e paziente con gli altri, in modo da poter ricevere l’affetto che gli serve. Procurarsi affetto è per questo tipo di personalità l’obiettivo più grande e per conseguirlo, smette di connettersi ai propri bisogni e si concentra sui bisogni degli altri, nella convinzione che, se riuscirà a soddisfarli del tutto, allora otterrà l’amore che non può ottenere incondizionatamente, perchè è un essere imperfetto. Questo tipo di personalità sviluppa da adulto il disturbo depressivo, che lo induce a diventare una vittima nella maggior parte delle sue relazioni e ad attirare quasi esclusivamente carnefici, cioè narcisisti patologici.

Il secondo dato importante che è emerso nel corso delle interviste è che entrambe le disfunzioni partono da una stessa matrice e, se non vengono tempestivamente curate, procurano cronica infelicità e relazioni fallimentari a ogni livello: scolastico, professionale, sentimentale, ecc.

Se la vittima riconosce di avere una mentalità che attrae relazioni disfunzionali a causa di traumi infantili, grazie a un lavoro terapeutico sulle proprie ferite, può smettere di attuare comportamenti autolesionistici, e imparare finalmente a rispettarsi, a dare valore alle proprie esigenze, ad amarsi. L’amore sano che può costruire con se stessa (o con se stesso) lo aiuterà a orientarsi nelle relazioni successive, che finalmente saranno sane e nutrienti. Le possibilità di successo sono molte e io ho scritto questo libro per testimoniare che è possibile “guarire per amare”, finalmente in modo da creare felicità per sé e per gli altri.

Domande dei lettori

D: L’abuso si perpetra solo nelle relazioni di coppia?
R: Purtroppo no. Il mio libro ha descritto relazioni di vario genere, da quella genitoriale a quella scolastica, da quella di lavoro a quella amicale, a quella, soprattutto, con il partner, che è la relazione fondamentale per richiamare e risolvere le ferite subite nell’infanzia. Tra gli ambiti indagati mi sono soffermata soprattutto sulle relazioni sessuali e sui rapporti con i bambini, perchè sono a mio avviso ambito delicati nei quali l’abuso può perpetrarsi più facilmente, proponendo anche qui, come soluzione, la presa di coscienza e l’assunzione di responsabilità nel darsi il permesso di essere rispettati e felici, fidandosi del proprio sentire.

D: Perchè hai scritto un libro come questo?
R: Un libro come questo si può scrivere per diversi motivi: per affermare se stessi e il proprio punto di vista; per condividere il generico rifiuto della violenza di genere, molto in voga di questi tempi; per salvare vite umane. Nel mio caso ho ottemperato a tutti e tre gli obiettivi: ho curato me stessa e gli altri testimoni attraverso la rievocazione per iscritto di quanto ci è successo; ho espresso la mia netta opposizione a ogni forma di violenza, che non è solo di genere, e non è solo in difesa delle donne; ma soprattutto il mio libro costituisce il mio personale impegno di salvare quante più persone possibile.

D: Come fa un libro a salvare vite umane?
R: Lo fa, o almeno io tento di farlo, sostituendo ai luoghi comuni che si rivolgono a deprecare la violenza maschile e esaltare la debolezza femminile, l’assunzione precisa di responsabilità da parte della vittima. Sono convinta, infatti, che se una vittima non si assume la responsabilità di quanto gli sta succedendo, non ne esce e non si salva.

D: Quindi dall’abuso narcisistico si può uscire?
R: Si può uscire solo a condizione che la vittima si renda conto di essere, per il suo vissuto, un catalizzatore di violenza. Non esistono ex vittime, come non esistono ex alcolisti: esistono vittime e non vittime; alcolisti e non alcolisti. Chi chiude definitivamente con la dipendenza da alcolici sa che non deve mai più avvicinarsi a una goccia di alcool: allo stesso modo, la vittima non deve mai dimenticare che mette in atto continuamente schemi mentali che attirano l’abuso. Restando in costante attenzione, può semplicemente scegliere di non avallarli con giustificazioni e colpevolizzazioni, e di rifiutarli, sapendo che è la parte malata ad attrarli, ma ora non le si dà retta più.

D: Credi che dopo aver preso coscienza di essere stata una codipendente e dopo aver scritto questo libro non soffrirai più?
R: No, credo che continuerò a soffrire, com’è successo in passato. Credo che la gente continuerà a farmi del male, credo che mi sentirò ancora ferita da una parola o da un atteggiamento. Credo che continuerò a soffrire per le mie abitudini, per i miei schemi mentali, per le mie aspettative deluse nei confronti degli altri e di me stessa. Tutta la gente che non ha fatto un percorso di risveglio della coscienza può fare del male e neppure io e te ne siamo esenti. Per non subire più un abuso, devo cominciare io a non farne più e a impedire a chiunque di rendermi infelice, a cominciare da me stessa. Oggi credo nella mia forza, nel fatto che non morirò di dolore, nel fatto che ho gli strumenti per attraversarlo e superarlo, per difendere e proteggere i miei confini, per scegliere di comportarmi con bontà invece che con arroganza, con mitezza invece che con violenza. So che posso farlo, perché ormai conosco il mio potere. E il mio potere consiste anche nel concedermi il lusso di essere sensibile ed empatica.
Le vittime sono per lo più empatiche, sensibili, generose. Imparando a fare di queste doti un punto di forza, e non una debolezza come è stato fino a questo momento, questi individui possono veramente fare la differenza nel mondo, riempiendolo di gentilezza, solidarietà e attenzione per il prossimo: tutte doti indispensabili per il futuro della società.
Ce lo sta dimostrando proprio in questi giorni la pandemia da coronavirus che stiamo faticosamente, ma inequivocabilmente, cercando di superare, grazie all’impegno condiviso e alla solidarietà da parte di tutti gli abitanti del mondo.

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