Il benedettino londinese Laurence Freeman, fondatore e guida della Comunità Mondiale per la meditazione Cristiana, nel suo libro Gesù, il Maestro interiore (EDB, Bologna 2004), afferma che anche Gesù aveva un Ego, ma non se ne lasciava soggiogare, non cedeva all’egoismo, rimaneva ancorato al suo vero sé.
Quindi l’Ego, quel groviglio di pensieri e automatismi che formano la personalità, di per sé non è negativo, anzi è molto utile. A un certo punto della nostra evoluzione infantile, infatti, verso i tre-quattro anni, l’Ego è indispensabile per controbilanciare i traumi. Non ho difficoltà a riconoscere che il mio Ego è stata la maschera, il collante, l’armatura, con cui sono riuscita a tenere unite le mie parti disgregate, fin dai primi anni di vita, quando la mia integrità si èfrantumata sotto il peso delle ferite emotive. L’Ego, che mirava alla mia autoaffermazione, al soddisfacimento dei miei bisogni, al perseguimento dei miei obiettivi, mi è servito per sopravvivere, senza crollare sotto l’onere delle esperienze familiari fallimentari e dolorose.
Da qualche tempo ho intrapreso l’ambizioso progetto di ricostituire l’unità, curando amorevolmente e con pazienza le mie ferite e riconoscendo le mie parti disgregate. Oggi so che posso occuparmene, anzi che lo voglio con tutto il cuore.
Ogni sera, io ringrazio l’Ego per avermi fatto sopravvivere fino a oggi e gli chiedo di lasciare gentilmente il posto al mio Sé superiore, che è maggiormente in contatto con i bisogni e le esigenze della mia anima.
Quello che sperimento quotidianamente è che la vita mi sta gradualmente smussando, limando, arrotondando come meglio le piace. Mentre mi sciolgo sempre di più nel flusso vitale, che si prende cura di me con infinita saggezza, non ho bisogno di combattere l’Ego, di lasciare andare l’Ego, di scardinare l’Ego, di disfarmi dell’Ego: lui si sta sciogliendo gradualmente insieme a me, per far posto a una nuova creatura, che si sta umanizzando senza averne alcun merito.
È un concetto difficile da spiegare e per questo motivo i Maestri di ogni latitudine suggeriscono ai discepoli di annullare l’Ego: non c’è altro modo per indicare che cosa succede quando si entra nell’Amore. E’ un processo però che non dipende dal singolo, non si può accelerare, né favorire, e nemmeno ostacolare.
L’Ego tuttavia non va demonizzato: è stato a suo tempo un dono.
Il mio obiettivo, la mia soddisfazione più grande, è realizzare la completa, amorevole integrazione del mio Ego, della mia ombra e di ogni parte di me.
Oggi comprendo che io, in quanto essere separato, non esisto. Il mio vero Sé è la coscienza universale.