Il film racconta la storia di un amore: dalla sua nascita, piena di entusiasmo e speranze, alle prime liti; dalla separazione temporanea alla riconciliazione.
E poi il matrimonio, le incomprensioni, il tradimento, e infine il divorzio.
Malik non racconta i dettagli, non perde tempo a spiegarci i come e i perchè: i dialoghi sono ridotti all’osso.
Per lui non sono importanti gli episodi contingenti, ma la celebrazione dell’Amore, che nasce, vive e muore.
Nel momento di massima felicità, si sentono queste parole bellissime:

Che cos’è questo amore che ci ama? Che viene dal nulla, da ogni luogo, dal cielo? Tu, nuvola, anche tu mi ami.

Parallelamente alle vicende della coppia, interpretata da Olga Kurlyenko e Ben Affleck, si svolge la storia di un prete in crisi, interpretato da Xavier Bardem, il quale ha perduto le motivazioni della sua vocazione, non riesce più a colloquiare con Dio e si strugge nel tentativo di ritrovare il senso della sua vita.
Anche in questo caso, aleggiano parole molto significative:

Sei presente ovunque ma io non posso vederti. Stai dentro di me, intorno a me. E non ho alcuna esperienza di te… Inonda le nostre anime con il tuo spirito e la tua vita, così completamente che le nostre vite possano essere solo un riflesso della tua. Splendi attraverso di noi. Mostraci come cercarti. Siamo fatti per vederti.

Rispetto al graduale sfacelo di tre vite, il titolo sembra stridere e contrastare fortemente: To the wonder. Cioè: “Alla meraviglia”, “Verso la meraviglia”.
E invece, probabilmente, il titolo è la chiave per interpretare le esperienze che capitano ai protagonisti (così come a tutti gli esseri umani) alla luce dell’Esistenza, che dipana la sua meraviglia al di là dei fatti contingenti.
La Vita ci stupisce ogni giorno con la sua Bellezza, con la sua Meraviglia, che sottende tutte le vicende e che dà senso a ogni cosa.
Tutto è meraviglia, anche il dolore, anche lo smarrimento, anche la fine.
Perchè in realtà la fine, la morte, il dolore sono sovrastati dall’abbraccio vitale dell’Infinito Amore.