C’è un uomo fermo nel punto più alto dell’isola.
Scruta l’orizzonte, in attesa di una nave che lo venga a prendere per riportarlo a casa.
Il libro comincia dal giorno in cui la vede finalmente arrivare.
Khalil Gibran, autore del famosissimo Il Profeta, non fa sapere al lettore se in precedenza quell’uomo saggio avesse incontrato gli abitanti dell’isola, se li frequentasse con regolarità o solo raramente.
Non ci dice se fossero suoi amici o se avesse vissuto tutto il tempo in solitudine.
Quello che appare evidente è che quelle persone conoscono il valore dello straniero, gli riconoscono un carisma particolare, e quando lo vedono pronto a salpare con la sua nave, gli si affollano intorno, per chiedergli di parlare con loro, un’ultima volta (o forse la prima?) degli argomenti a cui tengono di più, che corrispondono inequivocabilmente ai temi più importanti e comuni a tutti gli esseri umani: amicizia amore, dolore, comunicazione, vita e morte, colpa e castigo.

Allora un Giudice della città si fece avanti e disse: Parlaci della Colpa e del
Castigo.
Ed egli rispose, dicendo:
È quando il vostro animo va errando nel vento che, soli e indifesi, fate torto
agli altri e perciò anche a voi stessi.
E per quel torto commesso dovrete battere e, inascoltati, attendere per un
certo tempo alla porta dei beati.
Come l’oceano è il vostro io divino;
Che resta per sempre incontaminato.
E come l’etere esso solleva solo chi ha le ali.
Armonioso come il sole è il vostro io divino;
Che ignora le vie della talpa e non cerca le tane del serpente.
Ma il vostro io divino non abita da solo dentro di voi.
Molto in voi è ancora occupato dall’uomo, e molto in voi non è ancora
occupato dall’uomo,
Ma da un informe pigmeo che cammina assonnato nella bruma cercando il
proprio risveglio.
E dell’uomo in voi vorrei ora parlare.
Poiché è lui e non il vostro io divino né il pigmeo nella bruma che conosce la
colpa e il castigo della colpa.
Spesso vi ho udito parlare di chi ha commesso un torto come di uno che non
fosse uno dei vostri, ma straniero a voi e intruso.
Ma io vi dico che così come il santo e il giusto non potranno innalzarsi al di
sopra di quanto vi è di più alto in voi,
Così il malvagio e il debole non potranno cadere più in basso di quanto di
più basso è in voi.
E come la singola foglia non ingiallisce senza che ne abbia muta conoscenza
l’intero albero,
Così colui che erra non può far torto senza una segreta volontà di voi tutti.
Come in processione procedete tutti verso il vostro io divino.
Voi siete la via e i viandanti.
E quando uno di voi cade, cade per quelli che lo seguono, quasi un
avvertimento contro l’inciampo.
Sì, e cade per quelli che lo precedono, i quali benché fossero di passo più
celere e sicuro, non rimossero tuttavia l’intralcio.
E questo anche aggiungo, benché la parola vi pesi sui cuori:
L’assassinato non è irresponsabile per il proprio assassinio,
E il derubato non è senza colpa per il furto subito.
E il giusto non è innocente per le azioni dei malvagi,
E chi ha le mani bianche non è immune dalle azioni dello scellerato.
Sì, il colpevole è spesso la vittima del colpito,
E ancora più spesso il condannato regge il peso per quelli che son privi di
colpa e di biasimo.
Voi non potete separare il giusto dall’ingiusto e il buono dal malvagio;
Poiché essi stanno insieme al cospetto del sole così come sono tessuti
insieme il filo nero e il filo bianco.
E se il filo nero si spezza, il tessitore riguarderà l’intero tessuto, e
riesaminerà anche il telaio.
Se uno di voi volesse portare in giudizio una moglie infedele,
Pesi sulla sua bilancia anche il cuore del marito, ne misuri l’anima con le
giuste misure.
E chi volesse frustare l’offensore guardi nell’animo dell’offeso.
E se qualcuno di voi volesse punire in nome della giustizia e trattare con la
scure l’albero guasto, ne osservi dapprima le radici;
E scoprirà in verità le radici del bene e quelle del male, quelle feconde e
quelle sterili tutte insieme intrecciate nel cuore muto della terra.
E voi giudici che volete essere giusti,
Quale giudizio pronunciate su colui che benché onesto nella carne è tuttavia
un ladro nel suo animo?
Quale pena infliggereste a colui che uccide nella carne ed è tuttavia egli
stesso ucciso nel suo animo?
E come perseguite chi di fatto è ingannatore e oppressore,
Ed è tuttavia egli stesso afflitto e oltraggiato?
E come punirete quelli il cui rimorso è già più grande dei loro misfatti?
Non è il rimorso quella giustizia retta proprio da quella legge che vorreste
volentieri servire?
E tuttavia non potete imporre il rimorso a un innocente né strapparlo dal
cuore del colpevole.
Senza che alcuno lo chiami, esso chiamerà nella notte affinché gli uomini si
ridestino e scrutino in se stessi.
E voi che vorreste comprendere la giustizia, come mai potreste, se non
guardate ad ogni azione nella pienezza della luce?
Solo così saprete che l’eretto e il caduto non sono che l’unico uomo che sta
nel crepuscolo tra la notte del suo io-pigmeo e il giorno del suo io-divino.
E che la pietra angolare del tempio non è più alta della più bassa pietra delle
sue fondamenta.